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Un povero cristo



Secolo xix: “Una prostituta di circa trent'anni è stata trovata morta in un piccolo appartamento della Riviera Ligure. Il corpo in avanzato stato di decomposizione presenta numerose ferite d'arma da taglio. La morte si presume essere avvenuta due giorni fa. Un uomo di quarant'anni è stato fermato ed è attualmente rinchiuso nel carcere di Marassi.” Così riportava il giornale locale l'11 agosto.

Una bella giornata d'estate, forse troppo calda, Spotorno è deserta, poca gente sulla spiaggia, le strade deserte, è da poco passata l'una, i corpi appesantiti dal troppo mangiare, i negozi deserti, i proprietari si concedono un panino, i vicoli ingombri di palloni colorati, di gommoni appesi, cesti di giocattoli, verdura e frutta ad altezza di cane.

Maria abitava proprio in questa piccola città di mare, dove la gente viene per divertirsi, dove lei invece ha trovato la morte. In uno di quei casermoni che si riempiono di gente soltanto in estate e in inverno invece rimangono deserti, dove una porta sbattuta attira l'attenzione.

Oggi l'interno di quel palazzone, senza nemmeno vista sul mare, c'è troppo casino, bambini che gridano, gente alle finestre che hanno qualcosa da dire, anche se forse farebbero meglio a star zitti, le donne sono le più cattive, ma parlano soltanto per invidia, gli uomini un poco più defilati stanno zitti e cercano di immaginare quello che accadeva al di là dei muri; i bambini a cui non interessa niente fanno i capricci perché non vogliono perdere una giornata di mare.

Il portinaio, un uomo piccolino e grassotello, sudato anche d'inverno ha la sua giornata di gloria, attorno a lui si è formato un capannello di gente, e lui in mezzo che cerca di soddisfare tutte le curiosità anche le più morbose. Si parla di tariffe, di prestazioni, poi facendosi prendere la mano incomincia a descrivere il sedere, le tette con dovizia di particolari. La gloria per certa gente dura poco, si fa presto a tornare alla normalità, e si perché quel piccoletto aveva anche una moglie che per la verità nessuno conosceva nella sua interezza, era sempre nel suo gabiottino e se ne vedeva soltanto la faccia bella, fin troppo regolare, ma quello che attirava di più erano i seni grossi come meloni che non disdegnava mai di mostrare. Ora eccola lì in piedi in tutta la sua statura, non più di un metro e cinquanta, due gambe piccole e grosse e faticava a stare in piedi. Ma quel giorno era scattata come una gazzella, aveva preso il marito per il braccio e se l'era portato di peso in portineria.

Si sentì per un pezzo soltanto parole grosse e anche qualche piatto sbattuto per terra. Tanto trambusto aveva attirato l'attenzione di un giovane funzionario di polizia che sembrava aggirarsi tra le persone con aria spaesata. Giovane di bell'aspetto, polo bianca, calzoni blu notte, viso abbronzato non naturalmente, non aveva l'aspetto del poliziotto, sembrava annoiato in attesa del giudice e forse per far passare il tempo che bussò alla portineria.

I signori Tarlini si erano ricomposti, non tradivano la sorpresa per quella inaspettata visita. La casa era in disordine, sembrava un ripostiglio, scope, sacchetti della spazzatura, stracci da lavare per terra sporchi dentro secchi maleodoranti. Una corda attraversava tutta la stanza con indumenti ancora umidi. La moglie si affrettò a sgomberare una sedia, l'ispettore si sistemò, visibilmente scocciato di aver pulito la sedia con i pantaloni appena lavati che avrebbe dovuto tenere per tutta la settimana. “Allora che cos'è tutto sto casino?” L'ispettore aveva una parlata decisamente meridionale, la signora Tarlini si affrettò a rispondere: “Cose di famiglia, desidera una limonata fresca?” Aveva una gran sete, non osava nemmeno immaginare le sue labbra su un bicchiere sporco, fece un cenno di no con la mano, si accorse di essere stato maleducato. “Allora signor Tarlini, vuole dire a me tutte le cose che sa sulla signora del terzo piano”, intanto tirò fuori un taccuino un poco sgualcito e si fece imprestare una penna, era una cosa che si dimenticava sempre.

Il portiere aveva perso improvvisamente tutta la sua spavalderia anzi per la verità tartagliava anche un poco, le parole uscivano a fatica, continuava a passeggiare nervosamente. “Si metta a sedere, lei la signora Maria la conosceva bene mi sembra”. “Ma se la vedevo uscire e entrare alla stessa ora, beh poi qualche volta mi ha chiamato per qualche lavoretto, una presa, un rubinetto che perdeva”. All'ispettore quell'uomo non piaceva, lo incalzò: “Come si faceva pagare?” “E l'altro giorno, parlo del giorno che fu ammazzata era andato su a lavorare?”. Il Tarlini era ormai in preda al panico, cercava un aiuto nella moglie che tardava ad arrivare, lo guardò dritto negli occhi, quell'uomo nascondeva qualcosa.

Il Tarlini non osando più guardare la moglie con una flebile voce disse: “Io a quella non ho fatto niente, ci sono andato a letto, come tanti sai, potrei fare nomi e cognomi di gente illustre, anche di Savona, io ho sempre pagato”, un attimo di pausa, si era liberato di un peso che aveva sullo stomaco, si voltò verso la moglie, voleva fargliela pagare per non averlo aiutato, riprese a parlare: “Che vuole che faccia con una donna di quel genere, l'ha vista mia moglie, un uomo che lavora tutto il giorno avrà diritto a qualche distrazione.”

L'ispettore aveva preso a fissarlo cercando forse di carpire qualche segreto che albergava nella sua mente, quell'uomo doveva essere un poveretto, non valeva la pena perderci altro tempo, quando all'improvviso i suoi occhi fissarono una macchia di color rosso sulla camicia del Tarlini, come aveva potuto trascurare questo particolare, si alzò di scatto, si avvicinò al portiere: “Questa macchia cos'è sugo, si è messo in un bel gaio, forse parleremo meglio in Questura.” Fu fatto salire su una macchina che faticò a farsi largo. Il Tarlini era diventato per tutti un mostro e c'era gente che andava raccontando di alcune sue stranezze, per altri invece era un pover'uomo e se aveva fatto quello un motivo ci doveva pur essere. Per tutti era comunque il colpevole.

Il caso si presentava facile, in serata avrebbe avuto il suo assassino, avrebbe dovuto riempire un mucchio di scartoffie, sicuramente avrebbe dormito a casa e l'indomani avrebbe comprato il giornale per leggere il suo nome, era soddisfatto, aveva fatto un buon lavoro, era stato fortunato, ma questo lo sapeva soltanto lui.

La macchina del P.M era già arrivata, il dottor Paturno, si era già recato nell'appartamento, dopo aver parlato con il medico legale, dispose la rimozione del cadavere. Anche l'ispettore era ritornato nella casa, si scambiarono un saluto quasi amichevole, erano stati compagni di Università, non si erano frequentati molto, diversa era la loro origine. Il dottor Paturno era figlio di un giudice famoso, lui viaggiava sempre con la valigetta, al primo anno di Università sembrava già un distinto professionista.

L'ispettore lo mise al corrente della situazione enfatizzando la sua brillante indagine: “Bel lavoro davvero, fammi rapporto domattina al massimo”, non sembrava molto interessato, aveva fretta di andarsene, forse quella donna gli aveva rovinato le ferie, forse aveva qualcuno che lo aspettava, una moglie, un'amante, chissà; lui invece poteva restare ancora un poco, una casa vuota lo aspettava. Gli ultimi poliziotti se ne erano andati, la casa era tornata nel silenzio, anche nel condominio non si sentiva più nessuno, lo spettacolo era finito e la gente era andata al mare a continuare i loro pettegolezzi.

La casa era veramente piccola, un'entrata con un attaccapanni portava alla cucina, un tavolo ricoperto da una tovaglia di pizzo, un posacenere, un bel vassoio di ceramica ricolmo di caramelle, quattro seggiole sistemate con cura. La cucina a gas era troppo pulita, segno che Maria non la usava. Due pensili bianchi si confondevano con il muro, l'ispettore li aprì, trovò due bicchieri, una bottiglia di whisky, nel frigorifero alcune bibite, nient'altro, non una scatola di pasta, né piatti, né posate. Una porta apriva nella camera da letto, un grosso armadio marrone, in stile antico, opprimeva l'ambiente, quasi in disparte il letto,, una rete sfondata, un materasso coperto da un lenzuolo a fiori. Accanto un comodino in stile con l'armadio e sopra, posata una scatola di preservativi aperta. L'unica cosa stonata una sedia dove erano stati buttati un paio di calze autoreggenti e un perizoma nero di pizzo. L'armadio era quasi vuoto, qualche paia di blu-jeans, delle camicette, nessuna traccia di capi invernali, e questo poteva rappresentare un piccolo mistero. I cassetti erano pieni di biancheria intima, erano gli strumenti di lavoro. Un'altra porta dava sul gabinetto, era l'unica stanza in disordine dappertutto prodotti di bellezza, vicino al bidè una pozzanghera, un cestino maleodorante ricolmo di carte, di preservativi usati, nel lavandino ancora mutande e reggiseni in ammollo, lo specchio talmente sporco da non distinguere la propria faccia. Non c'era una finestra e l'aspiratore doveva essere rotto perché dal gabinetto veniva su un bel odorino.

L'ispettore ritornò nella camera, sul pavimento inquietante quella figura di donna disegnata con un gesso. Una macchia rossa illuminata da un raggio di sole che filtrava dalle tapparelle, sporcava il pavimento pulito in modo quasi ossessivo, avrebbe dato ordine di rimuovere quel sangue al più presto. Aprì le tapparelle voleva far entrare aria fresca, un po' di luce, fece fatica erano arrugginite, la signora Maria non doveva usarle molto, si sa i clienti non amano farsi vedere in faccia, esibire corpi flaccidi che nessuno oserebbe toccare.

Il comodino attirò la sua attenzione. Lo aprì, c'erano un mucchio di quaderni scritti fittamente, scorse qualche pagina, lesse qualche poesia, si commosse persino, trovò un album di fotografie e un'agenda con numeri telefonici, nomi di uomini con accanto una cifra..

Era molto stanco, aveva voglia di rientrare a casa, Si buttò sul letto vestito, si tolse le scarpe perché gli davano fastidio, piombò in un sonno profondo, irreale, quasi fosse stato drogato. Si svegliò di soprassalto, completamente sudato, il sole non si era ancora alzato, si accese una sigaretta e trangugiò un grosso bicchiere di whisky, aveva ancora bisogno di farsi una bella doccia fredda per mettersi al lavoro.

Qualcosa non quadrava nella sua indagine, forse era stato troppo facile, forse lui era stato troppo bravo, ma il suo fiuto gli diceva che doveva ancora lavorare. Doveva rimettersi a leggere tutte le carte, lì c'era la soluzione di tutto, ne era certo.

Fu all'improvviso che si mise a sfogliare l’agenda c’era un numero di telefono che compariva troppe volte; Compose il numero, lo fece squillare a lungo finchè all’altro capo rispose una voce conosciuta era il PM

Il giudice poteva essere sotto ricatto da parte di Maria, ecco trovato il movente, ma questo non lo convinceva, avrebbe potuto interrogare il giudice, ma con quali risultati? Aveva preso una decisione, non avrebbe fatto niente.

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