Il fosco, torbido, affascinante, tenerissimo, Rocco Schiavone, vicequestore romanaccio in trasferta punitiva ad Aosta, deve occuparsi di una di quelle rotture che nella sua personale scala di scocciature si trova al nono livello: la partita di calcio che vede contrapposte la squadra della polizia a quella dei magistrati in un incontro per beneficenza. «“D’Intino stopper, Deruta in porta”. Rocco scosse la testa. “È un incubo”», e per di più il questore Costa scalda «i quadricipiti con un esercizio risalente alla prima metà degli anni ’80. Ma del xix secolo». Nel doppio ruolo di allenatore e punta Schiavone cerca di organizzare al meglio il suo gruppo, deciso a non voler perdere, soprattutto quando scopre che dietro una partita apparentemente innocente, organizzata per raccogliere fondi per una buona causa, si nasconde un giro di scommesse clandestine. Antonio Manzini disegna un poliziotto fuori dal comune, burbero, corrotto, brutale con i cattivi e con le donne, circondato da una corazza dura che nasconde una profonda malinconia e un cuore ferito. Eppure chi legge le sue avventure lo vorrebbe amico, e sorride alla sua ironia che sfiora il sarcasmo lasciando spazio ad un pensiero inquieto sul senso della vita.
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